giovedì 1 gennaio 2015

Splendide previsioni

Sentivo il suo calore sulla pelle, forte, e cercando di seguirne il contorno con gli occhi mi facevo male. Non sentivo più il freddo anche se ero seduto sugli scogli e tirava un forte vento di maestrale; la brezza mi spazzava il viso e trasportava qualche goccia salata dal mare al mio viso per fare compagnia a qualche lacrima solitaria che cercava il passaggio a Nord-Ovest verso il vero e proprio pianto.
Un gabbiano velocissimo scende in picchiata e prende un pesce al volo e risale verso l'ultima opaca sagoma della luna, che ora va a donare altre notti felici ad amanti altrettanto felici e ad amanti divisi senza far distinzione: la luna, primo giudice imparziale, regala notti a tutti, noi stupidi o noi saggi a farle diventare brutte o belle notti.
Perché non parliamo, perché parliamo troppo, perché guardiamo ma non osserviamo, perché sentiamo ma non ascoltiamo, perché sappiamo a memoria il primo canto dell'Inferno, ma non l'ultimo del Paradiso, dell'amor che move il sole e l'altre stelle, perché scrivere perché ci è più facile che scrivere "per chi".
Per chi?
Per chi? Per te.
Allora cosa?
Tutto quello che ho, anche il mio sangue.
Perché?
Perché per un po' hai tenuto insieme i pezzi in cui mi sono rotto, cadendo.
E per un attimo il mio pensiero si era fatti così forte che ho potuto sentire un braccio posarsi sulla mia spalla, intorno al mio collo, e le tue labbra posarsi sulla mia guancia. Mi sono girato ed una folata di vento mi ha carezzato; era solo un altro ricordo salato che scivolava via.
Una nave solca il mare di primo mattino, suona la sirena due volte e vorrei che fosse la tua voce a chiamarmi, ma ti ho persa come appassisce una rosa che non accudisci, ti ho rovinata come quando si rompe la corda ad una chitarra, ti ho spenta, ho spento uno dei due soli che prima sorgeva all'alba del mio mattino, quel supplemento di energia quando al mattino il traffico ti rende esausto prima ancora di iniziare la giornata. Ogni giorno c'erano splendide previsioni; non temevo la pioggia, la neve, il caldo, ogni giorno mi svegliavo e anche se fuori c'erano venti gradi sottozero, dentro ne avevo diecimila in positivo.
Poi mi sono guardato bene attorno ed invece l'alba non era ancora arrivata e il fuoco che mi ero acceso si era spento; non un sole lontano chissà quanti milioni di chilometri si era acceso sul fondo dei miei occhi, ma uno più vicino, e più grande, e più caldo, era tornato a splendere a centoventi battiti al minuto.